Paolo Ventura

Un film a passo zero

L’Automa è il titolo della terza sinfonia di Paolo Ventura.

Si potrebbe definire una sinfonia dal Nuovo Mondo perché compiuta dopo il rientro dagli Stati Uniti e insieme un cimento dell’armonia e dell’invenzione, per prendere in prestito due sottotitoli di imponenti partiture musicali. Va concepita precisamente come un’opera concertata, un vasto racconto compositivo nel quale trovano accordo tutti gli strumenti di un’orchestra visiva e i saperi di arti che al solito sono frutto collettivo, corale. Pittura e scultura, ebanisteria e scenografia, costumi e luci, trucco e parrucco, narrazione e drammaturgia, vi parlano invece all’unisono e sono compiuti da un unico artista, attraverso una sapienza teatrale e filmica che assume i caratteri di un’impresa estrema. 

Teatro e cinema dunque sono le prime parentele che vengono alla mente e come nelle Notti bianche o nel Casanova le calli di Venezia divengono un pretesto scenico e metafisico per imbastire la storia di un piccolo e calibrato enigma. Uno struggente mistero si snoda nelle ventitre scene che narrano dell’umano e irriducibile bisogno di dialogo e condivisione, anche in tempo di guerra, anche durante i più impietosi rastrellamenti nazisti. Ma a differenza dei gioielli onirici di Visconti e di Fellini nello storyboard di Ventura tutto si è fermato, anche il sogno è un orologio senza lancette. 

Sia i luoghi che gli attori sono in scala ridotta, come se fossero in uno Studio 5 di Cinecittà, ma ristretti dalla mente di Lewis Carroll. Ogni cosa e ogni figura è immaginata in forma statica ed è abitata da attori pietrificati da un incantesimo. Tutto invece deve restare fermo come in un quadro tridimensionale e il film di Paolo Ventura è, e rimane, a passo zero. L’atto finale riporta il genio nella lampada, imprigionato nella gabbia della macchina fotografica.

Paolo Ventura tenta di trasformare la vita in una tascabile Natura Morta per poi deciderne l’angolazione, la prospettiva di sguardo. Paolo è così il demiurgo di un incantesimo e quello Still life ha qualcosa a che fare con l’Invenzione di Morel, un libro di Adolfo Bioy Casares, che Borges riteneva depositario di un enigma perfetto. 

Per tutte queste ragioni e per tante altre che in potenza vi si possono leggere si è ritenuta stringente l’affinità poetica di questo ciclo di opere con il festival cinematografico dei Luoghi dell’Anima di Santarcangelo, dedicato alla figura immaginifica di Tonino Guerra, nel contesto del quale è stata inaugurata la mostra. 

La vasta produzione pittorica, plastica, scultorea e scenografica che Paolo Ventura dispiega per raggiungere le sue opere fotografiche ha di recente portato l’artista a comporre cicli di dipinti che hanno trovato destino autonomo.

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Paolo Ventura è artista, fotografo, scenografo di fama internazionale

www.paoloventura.com 

fino al 17 ottobre 2021

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